Vivere come persona - Lettera a un giovane medico

Vivere come persona - Lettera a un giovane medico

Mio caro, oggi ti dovrei chiamare collega. Confesso che tutti i termini che significano aggregazione non mi sono mai piaciuti. Tu sei tu, capace di distinguersi proprio in virtù dell’unicità. Sei tu, libero di agire e di pensare, capace, spero, di superare i concetti imposti da un idioma che non è il tuo che, oggi, per estensione, si chiama politically correct, studiato per farti perdere la libertà di pensiero, privandoti, così, del tuo io. Non credere a “si dice”, “si fa”. Quel “si”, uniformato da un collettivo esterno, vorrebbe che tu pensassi come vogliono altri. Il “si” è una privazione della libertà di espressione della tua personalità. Ti scrivo tenendo lontano da me l’idea di volerti insegnare qualcosa, scrivo solo perché sono avanti con gli anni, non ho avuto figli e dico a te quello che avrei voluto dire loro nel giorno della laurea. Ti racconto la mia esperienza di medico. Non si finisce mai di imparare se non quando si è rinchiusi tra sei assi, circondati da quattro ceri. [...] Io sto ancora imparando, da me stesso e dagli altri. Mi ritengo un attempato studente a vita.  Cerca di essere libero di pensare e quindi di decidere, non entrare in un paradigma come ti è stato insegnato all'università, per semplificazione didattica. Usa lo schema ma non diventarne schiavo. Cerca di essere parola e non voce. La voce è solo un suono se non si trasforma in parola. È la parola, con la coscienza del sé, che rende l’uomo tale, superando la casualità opportunistica insegnata dall'evoluzionismo. Usa la statistica come mezzo, ma non come fine. [...]  Sii curioso e dubbioso. Non giudicare a priori quello che non conosci, la verità di oggi può essere la bugia di domani. La scienza è una continua danza del progresso che avanza con passi avanti e indietro. Per questo è scienza. Non ti far prendere dalle sirene della novità, sbandierate, molte volte, con intenti più di profitto che di reale miglioramento e rispetto di chi ti chiede aiuto. La storia è piena di questi esempi. Pensa a Galileo. Per tutto l’apparato scientifico dell’epoca, aveva ragione Tolomeo, Galileo era una novità da combattere, ma aveva ragione. Sii prudente, giudica con la tua esperienza che, figlia di anni e anche di errori, è la più vicina alla verità. [...] 

In sintesi, considerare che esiste il malato e non la malattia, fa cambiare l’atteggiamento terapeutico e individuale verso l’altro. È evidente come sia più facile restare nel paradigma piuttosto che ogni volta chiedersi quando se ne debba uscire. Questo non vuol dire prescrivere un farmaco o un rimedio. La mentalità aperta può e deve esistere anche in chi non crede molto all'omeopatia che pur prescrivendo farmaci, ha una visione complessiva del paziente, slegandosi dall'argomento che meglio si conosce, la propria specialistica. Non singoli feudi ma una nazione. Aprire il paradigma significa considerare che una prescrizione può aiutare una funzione ma danneggiarne un’altra. Il medico questo lo dovrebbe sempre ricordare, rivolgendosi alla totalità delle funzioni e non adagiandosi su un effimero localistico temporaneo risultato. Questa è, a prescindere dal tipo di prescrizione, la mentalità omeopatica, che studia il malato e non la malattia.

In realtà non esiste omeopatia e allopatia; esiste solo una medicina con approcci terapeutici diversi, da applicare secondo le indicazioni del momento. Esistono buoni e cattivi medici in entrambe le metodologie. Buono è quello che mette al centro il paziente, eliminando ideologie dogmatiche di preclusione nei confronti dell’altra metodica. 

Vivere l’omeopatia è quindi considerare l’uomo e non la malattia. Potrei tradurre omeopatia in “terapia dell’individuo”, così forse questo pensiero sarebbe più accettato. Le soluzioni terapeutiche sono individuali nelle applicazioni e non standardizzate da una asettica statistica, diventata ragione e fine della terapeutica accademica. [...] 

Considera che la persona intelligente sa di essere tale e non nasconde le proprie capacità. È l’intelligenza che non si impone con arroganza che viene messa a disposizione dell’altro. Cura il corpo rispettando la sua fisiologia, la mente imparando ogni giorno qualcosa di nuovo e lo spirito aiutando il tuo prossimo. Ricordati, per concludere, che dobbiamo sempre fare il meglio di cui siamo capaci.

Ti ho voluto raccontare la mia esperienza. Era mio dovere dirti dove sono arrivato dopo tanti anni. Un grande abbraccio e una vita di pace con te stesso.

Francesco Eugenio Negro


Per leggere lo scritto per intero andare al seguente link: http://www.fiamo.it/web/wp-content/uploads/2018/07/F.E.Negro_-_Vivere_come_persona.pdf